sabato 7 ottobre 2017

Colei che ci salvò dal colera...

Madre Paola Muzzeddu

Kavà febbraio 2009
Sento parlare di persone che muoiono di colera nella zona di Laia. Subito dopo chiamo l'anziano di quella comunità per conoscere meglio la situazione. L'anziano si presenta con i responsabili della comunità e mi comunicano che la malattia iniziò il 17 Novembre, la prima persona a morire fu Olanda Fernando e fino a quel momento erano morte 17 persone.
Dopo una settimana spaventati dalla  situazione, un gruppo di abitanti si reca dalle autorità locali per chiedere spiegazioni e aiuto.
Interviene l'amministratore Fabbrica con la polizia, il quale, minacciando il popolo con le armi, dice che in Lara non ci sarebbe stato alcun intervento in merito alla situazione e che potevano rivolgersi al punto sanitario più vicino. Questo (Calea) dista da Laia 15 chilometri. La zona contagiata resta così abbandonata a se stessa.
La gente si dirige verso Calea ma qui non trova nessun aiuto. Gli ammalati ritornano a casa in attesa della morte che non tarda ad arrivare.
Gli ammalati,a volte non ce la fanno ad arrivare a casa e finiscono i loro giorni per strada. Altri preferiscono rimanere nelle proprie abitazioni impossibilitati a muoversi.
Nel frattempo si muore tutti i giorni e al 17 Dicembre se ne contano 38 tutti con gli stessi sintomi: diarrea, vomiti, dimagrimento improvviso e nel giro di qualche giorno arriva la morte.
Avviso la comunità che sarei andato il 17 Dicembre per celebrare la Santa Messa e per visitarla in un momento tanto delicato.
I responsabili parrocchiani che sempre mi accompagnavano, questa volta si  rifiutano per paura della malattia e di essere aggrediti, come si fa di consueto in ogni villaggio. Vado con Matteo Augusto , un giovane di Laia che vive a Memba nello studentato della missione.
In Laia incontro poche persone perchè molti abbandonarono la zona, altri sono rimasti a casa ad assistere i famigliari e un gruppo occupato nel funerale di Agostino Mokwanya-
Questo era andato al punto sanitario di Calea con la speranza d'incontrare aiuto ma non ricevette alcuna medicina e fece rientro a casa dove morì appena arrivato.
Prima della celebrazione Eucaristica ricordo a tutti che nell'altare della loro chiesa ci sono le reliquie di Madre Paola Muzzeddu e di suor Gabriella Sagheddu e che solo loro possono aiutarci perchè vivono in Dio. Gli avvenimenti da poco vissuti ci dicono che non possiamo sperare niente dalle autorità civili che tutto sta nelle mani di Dio. Insisto sul fatto che la salvezza del popolo si ottiene con la preghiera fervorosa e con la piena fiducia nei
santi. Tutti hanno l'immagine di Madre Paola e invito a pregarla con fede e, se sarà nei piani di Dio, la malattia passerà.
Celebriamo la Santa Messa con poca solennità ma con grande fervore e fiducia, poi mi licenzio invitando, ancora una volta, alla preghiera.
Due settimane dopo, nell'incontro del consiglio parrocchiale, chiedo all'anziano di Laia come stavano le cose e lui risponde che ad iniziare dalla mia visita non era morto nessuno, anzi erano guarite anche le persone  che in quel momento erano ammalate. Incredulo ripeto alcune volte la stessa domanda ricevendo sempre la stessa risposta " dalla sua visita, Padre, nessuno è morto!"
Nell'ultimo giorno dell'anno nella sede parrocchiale è tradizione fare una veglia di preghiera che si protrae fino al primo giorno dell'anno successivo per ringraziare Dio del tempo concesso e chiedere aiuto per il nuovo anno.
Dei 200 giovani presenti nessuno aveva chiesto la pioggia ma durante la celebrazione eucaristica della notte tra il 2006 e il 2007 cade abbondante, quasi per completare l'avvenimento straordinario della settimana precedente.
La pioggia era scomparsa dal mese di Marzo e quella notte rallegrò il cuore di tutti.
Anche in Laia cadde abbondante, purificando l'ambiente e dando speranze alle persone.
Tutti siamo convinti che il popolo è stato salvato per intercessione di Madre Paola e non per le medicine che le autorità preposte negarono.


Parroco della Missione di Kavà


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