venerdì 30 giugno 2017

poesia...Bambini in guerra


Virgulto
di una rinsecchita
madre,
scura di pelle,
ella stessa figlia
di amara terra
ove la prima
parola che si apprende è
guerra.
La sensazione più forte
affonda tra la fame e la morte
Era Maggio,
falsi amici
entrarono
nel misero villaggio
il pollone fu rapito
a quella mamma
remissiva alla violenza
svuotata di coraggio,
per farne un bambino-soldato.
In mano gli misero un’arma,
come giocattolino
I suoi piccoli piedi
veloci andavano ,
agnello al macello
sui campi minati,
per aprir la strada
all’esercito dei malnati.
Imbracciato ,
per gioco il fucile,
il sangue che scorreva
lo caricava di soddisfazione
Gli avevano insegnato
ad odiare
nell’età del giocare.
Imbottito di cocaina
tendeva agguati,
a raffica sparava
sulla sua stessa razza.
Un ghigno sull’imberbe viso,
deformato da un demotivato odio
il suo infantile sorriso
Frantumato,
balzò per aria,
preso
da una mina farfalla
fulminato
in un giorno di Maggio
fiore immolato
sull'altare vile
d'altrui coraggio,
l’aveva colta per giocare,
il bambino-soldato
sparito,
polvere senza traccia
ignaro
per chi o che cosa
facesse la guerra,
sfortunato pollone

di amara Terra





giovedì 29 giugno 2017

Ancha : ho conosciuto la guerra

Non so esattamente qual'è la mia età, forse 19 anni.
I miei genitori non sapevano che si registravano i figli presso l'autorità del governo, nè avevano i soldi per farlo Mi chiamarono Ancha e benchè mai attribuissero un nome ad una persona senza un riferimento specifico, io non conosco il significato di questo nome, nè il motivo per il quale me lo imposero.
Nella mia breve vita ho conosciuto molte cose, tutte all'interno della guerra o nel ricordo di essa.
Sono nata a Memba nella provincia di Nampula in Mozambico. In quel periodo infuriava la lotta armata tra il "Frelimo"   e i "Renamo", lotta che iniziò subito dopo l'indipendenza del Mozambico dal Portogallo, nel 1975; forse perchè non c'era più niente da distruggere o perchè stanchi di uccidere persone e animali.
Un giorno un gruppo di uomini armati fece irruzione nella casa dove si trovava riunita tutta la mia famiglia: papà, mamma, io, mio fratello, le mie due sorelle con la nonna materna. Quegli uomini ruppero le poche e povere cose che i miei genitori possedevano,  le tre galline che avevamo, incendiarono la capanna e con forza ci trascinarono tutti via con loro. Noi non abbiamo avuto il tempo di dire o di pensare qualcosa, nè ci siamo chiesti se erano un gruppo del Frelimo o dei Renano perchè in queste cose gli uni e gli altri si comportavano allo stesso modo.
Loro dicevano che dovevano difendere il popolo e per questo massacravano la gente e distruggevano tutto quello che non gli interessava. Durante il viaggio verso una meta ignota ci unirono ai nostri cugini e alla nostra zia che erano stati rapiti nella stessa azione. Nessuno osava parlare, atterriti e increduli per quanto ci accadeva. Si sentivano solo le grida e gli insulti degli uomini armati che ci minacciavano di morte qualora non camminassimo in fretta. Dopo alcune ore di marcia, un mio cugino di cinque o sei anni riuscì a fuggire nella foresta. L'avremmo ritrovato a Memba, alla fine della guerra. Solo lui conosce come abbia vissuto nella foresta e co me sia ritornato al villaggio. Noi sappiamo solo che lo abbiamo ritrovato sotto un albero che era cresciuto dove prima c'era la nostra casa.
Senza mai riposare arrivammo, finalmente, a destinazione. Fummo accantonati all'ombra di grandi alberi per molto tempo, forse un mese o   due, forse di più.
Un giorno, un soldato del gruppo, dopo una lunga e accesa disputa con i colleghi, comunicò a mio padre che doveva lavorare ai suoi ordini e che avrebbe dovuto dimenticare la moglie per sempre perchè sarebbe diventata la moglie del comandante. Mio padre scoppiò in un pianto disperato. Mia madre reagì prontamente, dicendo in modo fermo e calmo che avrebbe preferito morire piuttosto che separarsi dal marito e dai figli per diventare la moglie di un altro. A niente valsero le  belle parole, le promesse, le minacce di tutto il gruppo armato, lei restava ferma nel suo proposito di rimanere fedele al marito e ai figli fino alla fine a costo della vita.
Ora, noi figli assistevamo al compimento di tutto questo sbalorditi, ammirati, con il sangue gelido, il cuore fermo, solo aggrappati ai nostri genitori per paura e per amore. Vista la determinazione di mia madre, un soldato con un fucile in mano disse - donna, non abbiamo tempo da perdere, se non ubbidisci agli ordini vi ammazziamo entrambi-
- fatelo pure adesso, se volete, ma noi resteremo sempre uniti!-
rispose lei con la stessa calma e determinazione, guardando noi e il marito
- Pensa bene alle parole che dici e a ciò che ti aspetta, incosciente!- replica il soldato. Mamma non rispose. Con le lacrime agli occhi guarda noi e si stringe forte al marito Il soldato, pieno di rabbia, sparò  e poi tutto il gruppo si allontanò.
A noi restarono quei corpi cosparsi del loro stesso sangue. Non li potemmo lavare o rivestire di nuovi stracci ma solo ricoprire con poca terra...


sabato 24 giugno 2017

Matias, il bambino di strada

Matias è un bambino silenzioso, intelligente, attento a tutto quanto avviene attorno a lui. Non si conoscono gli anni della sua vita. Forse 8 dalla sua corporatura, forse dodici o tredici per la sua scaltrezza.
Qui poco importa questo problema perchè niente aggiunge o toglie alla persona sapere che si ha dieci o venti anni, in ogni caso ci si deve sempre arrangiare da soli per sopravvivere.
Il bambino è pacifico , tuttavia alle volte viene picchiato duramente dai compagni quando riceve qualcosa più di loro o viene coccolato da grandi e loro dimenticati.
"Mi dicono che sono un ragazzo di strada" inizi a raccontare Matias, perchè non vado a scuola e alle volte dormo dove mi fa notte.
Ho una madre che cambia spesso luogo d'abitazione e quando cambia casa prende un nuovo marito.


Non mi piace andare a scuola perchè i professori obbligano a portare loro molte cose e chiedono di andare nelle loro case per aiutare le mogli senza darci  nulla, io non voglio lavorare così.
Tutti vogliono che io vada a scuola.Michele, il cuoco della missione, varie volte mi ha iscritto nella scuola e la sera studiava con me per farmi apprendere a leggere e scrivere, io mi stancavo subito e lasciavo la scuola, allontanandomi per un pò di tempo anche dalla missione.
Non m'importa leggere e scrivere, d'altronde anche quelli che vanno a scuola non sanno leggere e scrivere. Michele mi vuol bene e per aiutarmi provò a farmi vivere nella missione, vicino a lui. La mattina andavo a scuola, la sera a lavorare con lui, mangiavo vicino al padre di tutte le sue cose. Per me era come un  Paradiso perchè avevo tutto: vestiti, cibo, un luogo riparato per dormire e qualcuno che mi proteggeva.
Purtroppo anche da qui mi hanno allontanato dopo qualche mese perchè per giocare rompevo tutto ciò che c'era nella mia camera, così ho iniziato nuovamente a dormire perle strade.
Non conosco mio padre. Mi hanno insegnato a chiamare papà i mariti di mia madre senza mai presentarmi quello che mi ha generato.
Alle volte vado a visitare mia madre e rimango a casa sua alcuni giorni poi mi allontano. E' più bello rimanere dalla nonna a Kavà.
Qui ci sono i miei amici con i quali posso giocare e mentre loro vanno a scuola io rimango nella Missione dove c'è sempre qualcuno che mi accoglie. Capita che la sera mi fermo a giocare più del solito e la nonna non mi accetta in casa, di conseguenza devo dormire sotto qualche albero, o per la strada, o nella veranda della chiesa, o dove capita.
Quando fa molto freddo è duro dormire fuori senza uno straccio da mettere addosso o un luogo riparato, in quelle circostanze il freddo prende tutte le forze e rimango immobile come pietra, non riposo un solo minuto e aspetto l'arrivo della luce per riscaldarmi.Quando c'è la luna non ci sono problemi perchè è quasi come il giorno, si vede tutto anche di lontano.Quando si nasconde la luna mi fanno compagnia le stelle che sono moltissime, ci sono quelle che si muovono come il fuoco, altre che non si muovono. Il buio che permette di vedere le stelle non fa vedere ciò che c'è tutt'intorno e il più piccolo rumore mi fa paura. Penso che siano delle persone che vogliono portarmi via o degli animali e io rimango fermo aspettando che capiti qualcosa. Dormendo per le strade capitano cose buone ma tante cattive. Una notte vengo svegliato da un gruppo di giovani adirati, mi picchiarono e mi fecero fuggire. Il giorno dopo ho saputo che in molte case del vicinato erano entrati a rubare.Ho pensato che i ladri fossero loro e che la notte precedente mi avevano fatto fuggire  perchè non volevano che li vedessi rubare. Io ho paura di rubare perchè subito mi mettono in prigione e li muoio di fame.

giovedì 22 giugno 2017

Poesia...La via della salvezza

La via della salvezza

Ombre
disperate
errano,
in cerca d'appiglio,
nel buio
d' una
sepolcrale stiva
tra statue marmoree
che
come fredde stalattiti
gocciolano
amaro
su piedi stanchi
di corpi ignudi
avvinghiati
al filo del domani.
Dalle sentine
appozzati miasmi
di corpi stipati
di morti viventi
di virgulti stretti
nella morsa
d'un ultimo abbraccio
ad un caduco sogno
di sole raggiante
in nuova mattina,
annunciano
la speme
infranta
nell'acre odor
di latrina.






Io ho letto "vita in un angolo d'Africa"

Ho letto "vita in un angolo d'Africa" di don Ottavio Cossu.
Ho capito perchè i figli d'Africa sono sempre più presenti nelle nostre strade, nei cantieri, sui marciapiedi, sulle spiagge.
Il loro sorriso amaro malcela la durezza di un'esistenza che li ha costretti a sradicarsi da una terra lontana, trapiantandosi in un mondo così diverso e, di fatto, estraneo ed ostile.
VITA IN UN ANGOLO D'AFRICA aiuta a risalire il corso di questo continuo flusso fino a poter scandagliare la fanghiglia che inquina fin dalle sorgenti della terra, considerata la culla dell'umanità.
Denunciando le responsabilità storiche, remote e contemporanee, della cosidetta civilizzazione occidentale, don Ottavio Cossu ci offre non solo uno strumento di conoscenza ricavato dalla quotidianità nelle convivenza col popolo Makua, ma anche le opportunità di costruirci un alibi per il giudizio finale:
"Mi hai riconosciuto quando sono stato derubato, fuggitivo, massacrato, violentato,infetto, morto di fame!..."

mercoledì 21 giugno 2017

Poesia...Che ne sapete...

Che ne sapete
del cuore degli altri
quando batte,batte...
come i vostri tamburi!
Che ne sapete
se è malato d'amore
Africa amata
di cuori duri!
Che ne sapete
d'un mondo diverso
solo rubandomi
gli stracci di dosso
occhi di ghiaccio
e senza sapore.
Che ne sapete
se torno un domani
a ritrovar le stesse illusioni.
Che ne sapete
se torno un domani
a ritrovar le stesse emozioni.
Che ne sapete voi...

Kavà 18 Novembre 2000


Pier Carlo Acciaro
La Maddalena