Non so esattamente qual'è la mia età, forse 19 anni.
I miei genitori non sapevano che si registravano i figli presso l'autorità del governo, nè avevano i soldi per farlo Mi chiamarono Ancha e benchè mai attribuissero un nome ad una persona senza un riferimento specifico, io non conosco il significato di questo nome, nè il motivo per il quale me lo imposero.
Nella mia breve vita ho conosciuto molte cose, tutte all'interno della guerra o nel ricordo di essa.
Sono nata a Memba nella provincia di Nampula in Mozambico. In quel periodo infuriava la lotta armata tra il "Frelimo" e i "Renamo", lotta che iniziò subito dopo l'indipendenza del Mozambico dal Portogallo, nel 1975; forse perchè non c'era più niente da distruggere o perchè stanchi di uccidere persone e animali.
Un giorno un gruppo di uomini armati fece irruzione nella casa dove si trovava riunita tutta la mia famiglia: papà, mamma, io, mio fratello, le mie due sorelle con la nonna materna. Quegli uomini ruppero le poche e povere cose che i miei genitori possedevano, le tre galline che avevamo, incendiarono la capanna e con forza ci trascinarono tutti via con loro. Noi non abbiamo avuto il tempo di dire o di pensare qualcosa, nè ci siamo chiesti se erano un gruppo del Frelimo o dei Renano perchè in queste cose gli uni e gli altri si comportavano allo stesso modo.
Loro dicevano che dovevano difendere il popolo e per questo massacravano la gente e distruggevano tutto quello che non gli interessava. Durante il viaggio verso una meta ignota ci unirono ai nostri cugini e alla nostra zia che erano stati rapiti nella stessa azione. Nessuno osava parlare, atterriti e increduli per quanto ci accadeva. Si sentivano solo le grida e gli insulti degli uomini armati che ci minacciavano di morte qualora non camminassimo in fretta. Dopo alcune ore di marcia, un mio cugino di cinque o sei anni riuscì a fuggire nella foresta. L'avremmo ritrovato a Memba, alla fine della guerra. Solo lui conosce come abbia vissuto nella foresta e co me sia ritornato al villaggio. Noi sappiamo solo che lo abbiamo ritrovato sotto un albero che era cresciuto dove prima c'era la nostra casa.
Senza mai riposare arrivammo, finalmente, a destinazione. Fummo accantonati all'ombra di grandi alberi per molto tempo, forse un mese o due, forse di più.
Un giorno, un soldato del gruppo, dopo una lunga e accesa disputa con i colleghi, comunicò a mio padre che doveva lavorare ai suoi ordini e che avrebbe dovuto dimenticare la moglie per sempre perchè sarebbe diventata la moglie del comandante. Mio padre scoppiò in un pianto disperato. Mia madre reagì prontamente, dicendo in modo fermo e calmo che avrebbe preferito morire piuttosto che separarsi dal marito e dai figli per diventare la moglie di un altro. A niente valsero le belle parole, le promesse, le minacce di tutto il gruppo armato, lei restava ferma nel suo proposito di rimanere fedele al marito e ai figli fino alla fine a costo della vita.
Ora, noi figli assistevamo al compimento di tutto questo sbalorditi, ammirati, con il sangue gelido, il cuore fermo, solo aggrappati ai nostri genitori per paura e per amore. Vista la determinazione di mia madre, un soldato con un fucile in mano disse - donna, non abbiamo tempo da perdere, se non ubbidisci agli ordini vi ammazziamo entrambi-
- fatelo pure adesso, se volete, ma noi resteremo sempre uniti!-
rispose lei con la stessa calma e determinazione, guardando noi e il marito
- Pensa bene alle parole che dici e a ciò che ti aspetta, incosciente!- replica il soldato. Mamma non rispose. Con le lacrime agli occhi guarda noi e si stringe forte al marito Il soldato, pieno di rabbia, sparò e poi tutto il gruppo si allontanò.
A noi restarono quei corpi cosparsi del loro stesso sangue. Non li potemmo lavare o rivestire di nuovi stracci ma solo ricoprire con poca terra...