don Ottavio è venuto a mancare...
continuerò da sola quel cammino di narrare il vissuto da missionario in terra sua e in terra d'Africa.
Il suo operato dedito ai poveri, agli umili...agli ultimi, impreziosito da un silente e costante impegno, canta al cielo la purezza del suo cuore nel donarsi al Signore.
Una delle sue ultime pagine che ci ha lasciato
Aiutare
le persone
Si sa che la guerra porta con sé ogni tipo di male.
Uno dei tanti è la diffidenza. Quando
questa è accompagnata all’invidia sono
poche le speranze di salvarsi. Si rimane con i propri problemi , si diventa
ciechi e incapaci di giudizio anche quando tutto è chiaro e positivo. In questi
casi é compito del missionario andare incontro alle persone, creare opportunità
di riscatto ed essere sempre positivi, anche quando tutt’intorno porta in altra
direzione. Ovunque la guerra lascia mutilazioni di ogni tipo: persone con una
sola gamba, giovani con un braccio, bambini con malattie mentali, uomini e
donne con paralisi deformanti. Ovunque domina la sporcizia e l’assuefazione a essa.
Per alleviare simili mali é indetta una campagna di sensibilizzazione
promossa da una organizzazione italiana in favore di persone mutilati negli arti. Si tratta di presentarsi
all’ospedale di Namahaca per una visita preliminare e in seguito andare
all’ospedale di Nampula per l’applicazione della protesi. Tutto è gratis: viaggi,
visite, assistenza e controlli successivi. Come per le vaccinazioni o altri aiuti al centro di raccolta si attende
grande afflusso di malati. Si apre la campagna ma non si presenta nessuno,
nonostante circolino molti bisognosi. Si intraprende una seconda
sensibilizzazione capillare in modo personale in tutta la zona. L’iniziativa
abbraccia anche la missione di Kavà.
Io interpello un giovane e un anziano. Il primo è
Mauricio, frequenta assiduamente la comunità cristiana di Muipia. Con ardore si prepara per il battesimo e il matrimonio. A
lui manca metà della gamba sinistra che si era dovuta amputare a causa del
morso di un serpente quando, ancora bambino, fuggiva per salvarsi dai
guerriglieri. Mauricio è rispettato da tutti e l’intera comunità lo apprezza
per il coraggio e la forza che mostra nel lavoro. Il giovane accetta la
proposta con entusiasmo. Sogna di dover correre come un tempo senza portare
appresso bastoni o altro. Una cosa lo preoccupa: non sa come incollare il pezzo
mancante all’arto esistente. Gli sono spiegate le norme del caso. Il giovane chiede alcuni giorni di tempo per
riflettere e avvisare la fidanzata che abita lontano. Mauricio va a Chipene,
dove dimora la ragazza e non fa più
ritorno a Muipia. Agli amici confida che
non ritornerà più nel villaggio finché ci sarà “quel Padre”. Il giovane ha
paura di portare con sé una cosa che non gli appartiene (la protesi). Il bastone
che ha sempre fra le mani ormai fa parte
della sua persona e non lo può abbandonare. Incontrando il missionario è
obbligato a dare spiegazione e lui non vuole rivelare il suo segreto. Il
giovane, lontano dalla sua comunità si forma la famiglia e nessuno gli parlerà
mai più dell’arto mancante.
Al secondo interpellato mancano la gamba e il
ginocchio sinistro. Abilio, questo è il nome del signore in questione, è un
animista sui cinquant’anni. Durante la guerra, in una colluttazione col nemico
lo feriscono gravemente a una gamba con
coltelli e altro. Lui cura la profonda e
pericolosa ferita con radici e medicine tradizionali e la gamba sembra guarita.
Benché con atroci dolori lui vive tranquillo finché la ferita va in cancrena. All’ospedale
militare per salvargli la vita sono
costretti ad amputare la gamba e poi lo mandano a casa. Abilio non ha mai capito
il motivo per cui gli abbiano salvato la vita poiché in casi simili il ferito
era subito eliminato. In seguito il soldato si sposa alcune volte e ha dei figli. Le mogli lo licenziano dopo il
primo o il secondo parto con la motivazione che non lavora abbastanza. Abilio, stanco di cercare mogli, ora vive
solo. I figli, ammogliati e con figli anche loro, vivono nei villaggi
vicini e solo saltuariamente visitano il padre. Le molte vicende della vita lo
rendono diffidente e orgoglioso. Difficilmente si lascia aiutare. Cammina con
un bastone che serve anche come autodifesa quando i ragazzi si giocano di lui. In
particolare ci sono alcuni ragazzotti i
quali gli girano attorno imitando il suo modo di
camminare zoppicante. Lui si adira moltissimo e, sollevando per aria il bastone,
augura loro ogni sorta di disgrazia.
Non ammette scherzi sulla sua anomalia.
Quando é
convocato dal missionario si meraviglia che qualcuno si interessi a lui.
Curioso si presenta subito nella missione. Gli parlo della campagna in corso
per avere gratis la protesi che lo
renderebbe libero di camminare senza il bastone. Come Mauricio non capisce cosa
sia l’attrezzo che dovrebbe incollare alla sua gamba. Abituato oramai al
bastone non sa come lo possa abbandonare.
Nonostante i dubbi l’uomo si mostra contento e già s’immagina camminando
come un tempo. Per fugare ogni difficoltà ripeto più volte che non
c’è nulla da pagare, che sarà assistito in tutto e che sarà accompagnato in
ogni trasferta. Lui deve dare la sua
autorizzazione e all’ospedale firmare un foglio per garantire il consenso.
Abilio pensa per un attimo, osserva il mio volto, poi dice: “Quanto mi dà?” “Perché
mi chiedi questo?”, rispondo io, “ti do la possibilità di camminare bene come
tutti gli altri, non ti basta?”. “Padre”, replica lui, “se mi ha convocato
significa che lei guadagna dalla mia gamba e io voglio la mia parte”. Mentre
parla stende la mano aperta verso di me con un sorriso malizioso. Spiego nuovamente
il significato di quella campagna, assicuro la gratuità assoluta da parte di
tutti e che io non guadagno nulla. A
niente vale il mio discorso. L’uomo si
allontana per vivere col suo bastone.
mariantonietta
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