giovedì 15 febbraio 2018

Non un addio ma un ciao...

Carissimi fellower di questo blog
don Ottavio è venuto a mancare...
continuerò da sola quel cammino di narrare il  vissuto da missionario in terra sua e in terra d'Africa.
Il suo operato dedito ai poveri, agli umili...agli ultimi, impreziosito da un silente e costante impegno, canta al cielo la purezza del suo cuore nel donarsi al Signore.

Una delle sue ultime pagine che ci ha lasciato

Aiutare le persone
Si sa che la guerra porta con sé ogni tipo di male. Uno  dei tanti è la diffidenza. Quando questa è  accompagnata all’invidia sono poche le speranze di salvarsi. Si rimane con i propri problemi , si diventa ciechi e incapaci di giudizio anche quando tutto è chiaro e positivo.  In questi  casi é compito del missionario andare incontro alle persone, creare opportunità di riscatto ed essere sempre positivi, anche quando tutt’intorno porta in altra direzione. Ovunque la guerra lascia mutilazioni di ogni tipo: persone con una sola gamba, giovani con un braccio, bambini con malattie mentali, uomini e donne con paralisi deformanti. Ovunque domina la sporcizia  e l’assuefazione a essa.
Per alleviare simili mali  é indetta una campagna di sensibilizzazione promossa da una organizzazione italiana in favore di persone  mutilati negli arti. Si tratta di presentarsi all’ospedale di Namahaca per una visita preliminare e in seguito andare all’ospedale di Nampula per l’applicazione della protesi. Tutto è gratis: viaggi, visite, assistenza e controlli successivi. Come per le vaccinazioni  o altri aiuti al centro di raccolta si attende grande afflusso di malati. Si apre la campagna ma non si presenta nessuno, nonostante circolino molti bisognosi. Si intraprende una seconda sensibilizzazione capillare in modo personale in tutta la zona. L’iniziativa abbraccia anche la missione di Kavà.   
Io interpello un giovane e un anziano. Il primo è Mauricio, frequenta assiduamente la comunità cristiana di Muipia. Con  ardore  si prepara per il battesimo e il matrimonio. A lui manca metà della gamba sinistra che si era dovuta amputare a causa del morso di un serpente quando, ancora bambino, fuggiva per salvarsi dai guerriglieri. Mauricio è rispettato da tutti e l’intera comunità lo apprezza per il coraggio e la forza che mostra nel lavoro. Il giovane accetta la proposta con entusiasmo. Sogna di dover correre come un tempo senza portare appresso bastoni o altro. Una cosa lo preoccupa: non sa come incollare il pezzo mancante all’arto esistente. Gli sono spiegate le  norme del caso.  Il giovane chiede alcuni giorni di tempo per riflettere e avvisare la fidanzata che abita lontano. Mauricio va a Chipene, dove dimora la  ragazza e non fa più ritorno  a Muipia. Agli amici confida che non ritornerà più nel villaggio finché ci sarà “quel Padre”. Il giovane ha paura di portare con sé una cosa che non gli appartiene (la protesi). Il bastone che  ha sempre fra le mani ormai fa parte della sua persona e non lo può abbandonare. Incontrando il missionario è obbligato a dare spiegazione e lui non vuole rivelare il suo segreto. Il giovane, lontano dalla sua comunità si forma la famiglia e nessuno gli parlerà mai più dell’arto mancante.
Al secondo interpellato mancano la gamba e il ginocchio sinistro. Abilio, questo è il nome del signore in questione, è un animista sui cinquant’anni. Durante la guerra, in una colluttazione col nemico lo  feriscono gravemente a una gamba con coltelli e altro. Lui  cura la profonda e pericolosa ferita con radici e medicine tradizionali e la gamba sembra guarita. Benché con atroci dolori lui vive tranquillo finché la ferita va in cancrena. All’ospedale militare per salvargli la vita    sono costretti ad amputare la gamba e poi lo mandano a casa. Abilio non ha mai capito il motivo per cui gli abbiano salvato la vita poiché in casi simili il ferito era subito eliminato. In seguito il soldato si sposa alcune volte e  ha dei figli. Le mogli lo licenziano dopo il primo o il secondo parto con la motivazione che non lavora abbastanza.  Abilio, stanco di cercare mogli, ora vive solo.  I figli, ammogliati e  con figli anche loro, vivono nei villaggi vicini e solo saltuariamente visitano il padre. Le molte vicende della vita lo rendono diffidente e orgoglioso. Difficilmente si lascia aiutare. Cammina con un bastone che serve anche come autodifesa quando i ragazzi si giocano di lui. In particolare ci sono alcuni  ragazzotti i quali gli girano attorno imitando il suo modo     di camminare zoppicante. Lui si adira moltissimo e, sollevando per aria  il bastone,  augura loro ogni sorta di disgrazia.  Non ammette scherzi sulla sua anomalia. 

Quando  é convocato dal missionario si meraviglia che qualcuno si interessi a lui. Curioso si presenta subito nella missione. Gli parlo della campagna in corso per avere gratis  la protesi che lo renderebbe libero di camminare senza il bastone. Come Mauricio non capisce   cosa sia l’attrezzo che dovrebbe incollare alla sua gamba. Abituato oramai al bastone non sa come lo possa abbandonare.  Nonostante i dubbi l’uomo si mostra contento e già s’immagina camminando come un tempo. Per fugare ogni difficoltà ripeto più volte   che non c’è nulla da pagare, che sarà assistito in tutto e che sarà accompagnato in ogni trasferta.  Lui deve dare la sua autorizzazione e all’ospedale firmare un foglio per garantire il consenso. Abilio pensa per un attimo, osserva il mio volto, poi dice: “Quanto mi dà?” “Perché mi chiedi questo?”, rispondo io, “ti do la possibilità di camminare bene come tutti gli altri, non ti basta?”. “Padre”, replica lui, “se mi ha convocato significa che lei guadagna dalla mia gamba e io voglio la mia parte”. Mentre parla stende la mano aperta verso di me con un sorriso malizioso. Spiego nuovamente il significato di quella campagna, assicuro la gratuità assoluta da parte di tutti e che io non guadagno nulla.  A niente vale il mio discorso. L’uomo  si allontana per vivere col suo bastone.

mariantonietta

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